venerdì 2 marzo 2012

Chi sta con lo zoppo, impara a zoppicare.

Ieri è morto un grande artista, un bravissimo cantautore, ma soprattutto un uomo che riusciva a trasmettere emozioni. Sapete di chi parlo, del grande Lucio Dalla. Ma non me ne starò qui a salutare con parole commoventi questo cantante che ha fatto un pezzo della storia dell'Italia, no, non lo farò. 



Colgo l'occasione per riflettere su un tema che dilaga in questi momenti sui social network. Molti iniziano a pubblicare frasi o canzoni dell'artista morto e altrettanti criticano questo esibizionismo, come se si iniziasse ad apprezzare quell'artista solo in quel preciso istante. Io vorrei dire cosa ne penso, cosa credo che sia giusto. Non che io sia la voce della verità, assolutamente. Il mio parere credo che valga quanto quello di chiunque di voi, ma credo anche che il parere di tante persone messe insieme possa cambiare il mondo. Quindi che ne dite di ascoltarmi? (stavo divagando come al solito!). Allora...io sono d'accordo in parte con entrambi. Perchè io credo che ognuno di noi sia libero di pubblicare quello che vuole, senza sentirsi giudicato da qualcuno, ma credo anche che spesso ci lasciamo troppo travolgere dalle mode del momento. Se tutti iniziano a condividere canzoni di un certo tipo o se un personaggio famoso inizia a farlo...ecco che tutti faranno la stessa cosa. Se una nostra amica che ha tanti amici e consideriamo "importante" pubblica qualcosa e riceve tanti consensi...ecco che anche noi pubblichiamo una cosa simile. E' una cosa che a me per prima dà fastidio, ma mi basta rifletterci qualche istante per capire che...è umano. 



Chi di noi non ha imitato un cantante di cui si era invaghito o non ha cercato di vestirsi come il proprio idolo del momento? O ancora, chi di noi, stando a contatto con gente che la pensava in un certo modo o che aveva un determinato intercalare non ha iniziato a prenderlo? Anche il proverbio lo dice: "Chi sta con lo zoppo, impara a zoppicare." E lo so, lo immagino, mi sembra già di sentire qualcuno tra voi (credo parecchi!) che staranno brontolando tra sè e sè: "Io no! Non mi faccio influenzare da nessuno, ho un carattere forte!" E io vi rispondo: Non c'è nulla di male a farlo, non è un peccato mortale o una vergogna da nascondere. L'uomo ha imparato a scrivere e a parlare e a camminare grazie ai propri genitori, ai propri insegnanti, ai propri genitori...alla gente che gli stava attorno. Lo stesso Tarzan, vivendo tra gli scimpanzè, ha iniziato a comportarsi come loro. E ricerche scientifiche dicono che se un bambino vive in un posto dove nessuno parla, diventa sordomuto. Con questo cosa voglio dire? Che non è necessario giudicare e condannare chi si lascia trasportare dalla moda del momento o decide di condividere il video di una canzone di un cantante appena morto...perchè chissà! Magari non conosceva davvero quel cantante in modo sincero...e in questo modo ha imparato qualcosa di nuovo, è riuscito a comprendere meglio ciò che si è perso in tutto questo tempo. Chiaramente parlo di quella gente che si comporta in  questo modo in maniera sincera, perchè -ahimè- esistono sempre le eccezioni che confermano la regola, ovvero quella gente che non ha mai avuto un proprio pensiero, una propria opinione, un proprio giudizio e vive alle spalle di ciò che dicono gli altri. Sono loro la peggiore tipologia umana...perchè non hanno un'anima...o meglio, ce l'hanno, ma sono troppo occupati ad apparire per poterla mostrare al mondo. Mi verrebbe da dire che non cambieranno mai, ma non sono troppo pessimista, forse perchè sono giovane, e quindi spero ancora che nel mondo questa gente diminuisca e che pian piano, come fiori che sbocciano uno dopo l'altro...pian piano la gente cambi, facendo finalmente arrivare la primavera in un mondo che da troppo tempo vede l'inverno.

<<Il mio parere credo che valga 
quanto quello di chiunque di voi, 
ma credo anche che il parere 
di tante persone messe insieme 
possa cambiare il mondo.>>







giovedì 1 marzo 2012

Amanda.

Oggi, per la prima volta, ecco una storia scritta da me. Parla di Amanda, una madre che ha perso suo figlio, una delle tante madri a cui scompare un figlio, una di quelle madri che sperano ogni giorno di ritrovarlo. Chiaramente è una storia inventata, senza alcun riferimento a fatti o persone realmente esistiti. E' semplicemente frutto della mia fantasia. Vi consiglio di ascoltare questa canzone mentre leggete, io sono stata ispirata grazie a questa melodia: Struggle for pleasure.


Cammino tra la neve. Mi guardo intorno. Continuo a camminare e lo cerco. La neve mi cade in testa, la bufera incalza ma ciò che voglio è trovarlo, è averlo tra le mie braccia, è amarlo ancora. Cammino disperata, mi aggiro tra la neve, cado, mi rialzo, lo cerco tra gli occhi delle civette, tra i rami imbiancati, tra le baite chiuse, tra i pini silenziosi. Solo il vento mi parla, solo il suo fischio mi dà qualche aiuto, solo lui mi indica la via esatta, quella che ho per trovarlo, trovare lui, il mio amore, il mio destino, la mia vita. Corro, forse lo vedo, forse è lì, accanto a quella grotta, o no, o forse lo sto sognando, o forse è la mia immaginazione, o forse è tutto uno scherzo o forse non è lì. Ah no, eccolo! Ora lo vedo, è dietro quel pino…mi sorride! Forse stava solo giocando a nascondino come ai vecchi tempi, forse è scappato per farsi trovare, eccolo! È lui…ora non ho  dubbi! Il mio bambino mi sorride dietro quell’albero, il mio bambino mi guarda con occhi sorridenti, il mio bambino mi sta seguendo con i suoi occhi vispi. Lo raggiungo, finalmente felice di averlo trovato, corro da lui, come quando in estate lo andavo a prendere dall’acqua salata del mare, sorrido e giungo di fronte all’albero. Ma non lo vedo. Non c’è! Dove sarà andato? Lo chiamo, disperata, mi agito, corro, ancora, ancora, ancora, e ancora, e ancora. Rivoglio mio figlio, lo cerco, grido, urlo, corro…ma non c’è, non c’è, non c’è, non c’è! Queste parole mi martellano nella mente…non c’è, non c’è, non c’è! E poi…eccolo che compare. Mi fermo. Immobile. Paralizzata. Per un attimo ricordo. Un istante, tutto. Ricordo quell’istante in cui me lo hanno portato via, quel tragico momento in cui non l’ho più visto, in cui è scomparso. Era con noi, fino a pochi istanti prima, stavamo tranquillamente seduti al tavolo di quel maledetto ristorante, io, lui e suo padre quando…quando lui corre per andare a vedere uno stupido cagnolino e…non torna più. Non c’è più. Guardo la neve ormai rassegnata, ma il pensiero che possa ancora tornare non  mi lascia…il mio bambino è qui! Lo so! Urlo, grido, batto i piedi per terra e mi sembra quasi di sentire la sua voce, allora continuo a correre, e mi sembra di vederlo, mi sembra di sentirlo…corro, corro, corro, corro, corro…raggiungo l’autostrada e lui è lì, finalmente! Dopo vent’anni il mio bambino è ritornato, piccolo come allora, con i suoi occhi celestini e i suoi denti appena caduti, eccolo che mi sorride, e mi chiede di raggiungerlo. Non mi sembra vero, lo guardo finalmente felice, dopo tanti anni, e corro. Vado da lui. Vedo solo una luce, poi più niente.



La mattina dopo. In paese non si parla d’altro. Tutti lo sanno. La notizia ha raggiunto anche i quartieri più periferici. Amanda è morta, Amanda si è buttata sotto un tir. Amanda era troppo disperata per la scomparsa di suo figlio che ha deciso di farla finita; da dieci anni non usciva più di casa, da dieci anni non faceva che parlare da sola, anche suo marito l’aveva lasciata, tutti credevano che fosse impazzita. Tutti dicevano che si era suicidata, già…tutti dicevano questo. Ma non quei pini, quegli abeti, quella neve gelida, quel vento, quel tronco, quei passi scavati sulla neve, quelle civette. Loro sanno perché è morta. Perché aveva rivisto suo figlio, perché aveva finalmente trovato il suo bambino, perché voleva raggiungerlo, perché lo amava più della sua stessa vita. Era solo pazzia quella? Era solo la disperazione di una madre che non riesce a spiegarsi che fine abbia fatto suo figlio? Nessuno può dirlo, nessuno potrà mai saperlo. Ciò che ci resta è il ricordo dei suoi passi in quella neve e della sua gioia nel momento in cui ha rivisto il suo dolce e tenero bambino.