venerdì 3 aprile 2015

Marco D'Amore e la "Trilogia del male".

Tre uomini, tre storie. Tre personaggi all'apparenza simili, anche se profondamente diversi. E potrei continuare all'infinito, tra assonanze e differenze.
Diego De Martino, Ciro Di Marzio e Francesco Corvino sono i loro nomi.
Unico è invece  il volto di chi li interpreta: Marco D'Amore.
Non li ho conosciuti in questo ordine, ma ho avuto l'opportunità di apprezzarli in un breve arco di tempo, anche e soprattutto grazie alle parole dell'attore che gli ha dato vita.
Infatti ho avuto l'opportunità di ascoltare Marco d'Amore e ho apprezzato la passione con cui lui ha parlato della sua professione così come dei suoi personaggi.



Così, dopo aver conosciuto Ciro Di Marzio nella serie cult di Sky Atlantic "Gomorra - La Serie", ho anche avuto modo di entrare a contatto con Francesco Corvino in "Perez." e Diego De Martino in  "Una vita tranquilla". E credo che questi tre personaggi possano rappresentare una vera e propria "Trilogia del male" in una scalata davvero unica e particolare. Osservandoli in superficie, appaiono solo come tre criminali, simili a quelli che vediamo in tanti film. In realtà io li ho percepiti molto più profondamente.
Spesso non ci chiediamo il perchè di troppe cose, limitandoci a osservare le persone per quello che ci mostrano, mentre credo che guardando a fondo la loro anima si possa capire molto di più. Ed è quello che io ho cercato di fare con Ciro, Francesco e Diego.
Ho guardato oltre l'aria da "cattivo" e mi sono chiesta da dove provenissero, chi fossero. E tutti e tre provengono da una famiglia, da un padre, che ha cambiato le loro esistenze rendendoli quello che sono. Ciro è orfano, non ha un padre, la sua famiglia è stata da sempre la camorra, con lei è cresciuta, lei conosce e lei rispetta. Francesco invece un padre ce l'ha ed ha semplicemente seguito il percorso che gli aveva indicato. Diego, poi, ha un padre, ma forse è come se non ce l'avesse mai avuto perchè ha deciso di farsi una nuova vita, cancellando il passato. Sono tre storie che sembrano distinte, ma sono l'una incatenata all'altra. E la bravura di Marco D'Amore è stata quella di riuscire a rendere in modo impercettibile questo legame tra i tre personaggi, come se fossero tre fratelli uniti da un'unica storia: il legame al loro passato.

Francesco Corvino è un giovane camorrista che si innamora di Tea, figlia di Perez, avvocato napoletano, spaventato dal legame che la ragazza ha instaurato con Corvino. Francesco rappresenta il bivio tra ragione e sentimento, il binomio tra l'amore verso Tea e l'istinto criminale, che ormai ha nel sangue.



Ciro, invece, ha una storia particolare. Così come riferisce il suo interprete, in un flashback non mandato in onda, si narrava la terribile perdita dei genitori nel terremoto del 1980 e la sua vita in orfanotrofio, la conoscenza di Attilio, il suo avvio alla criminalità e l'inizio di una vita da camorrista. La camorra è stata la sua famiglia, una famiglia che ha iniziato ad odiare dal momento in cui ha perso Attilio, che per lui era come un padre, e che ha deciso di boicottare e distruggere con le sue stesse armi.



E infine, è proprio in Diego che io vedo l'anello di congiunzione di questi due personaggi. Diego ha un padre, o forse no. Suo padre Antonio ha deciso di cancellare la sua vita precedente e di diventare Rosario, proprietario di un ristorante in Germania. E' fuggito anni prima, dandosi per morto, ha abbandonato suo figlio Diego per non farsi ammazzare e per proteggere la sua famiglia, così dice. Nessuno sa della sua esistenza, a parte Diego, che non riesce a perdonarlo, che è diffidente. Rosario, interpretato dal grande Toni Servillo, è un personaggio particolare, a tratti misterioso. E rende Diego differente, ma allo stesso tempo uguale a Francesco e Ciro.



Francesco ha un padre camorrista, Ciro non ha un padre, mentre Diego ha un padre, ma è come se non ce l'avesse. Diego è l'anello di congiunzione di queste tre storie, è il vertice della piramide, il tassello del puzzle che permette di dare voce al passato di questi tre uomini. Perchè è proprio il passato che condiziona la loro vita, la terra in cui affondano le loro radici rappresenta il substrato da cui si dipanerà la loro esistenza.
Un passato da cui non possono sfuggire, ma che possono cambiare. Ciro vuole annientare ciò da cui proviene, Francesco vuole imparare ad amare, Diego non vuole fuggire come ha fatto il padre. E, a mio avviso, questo è il più grande insegnamento che dobbiamo trarre da queste tre interpretazioni: il desiderio di cambiamento, di innovazione, di mutevolezza. La vita non è fissa, non si ferma se la facciamo scorrere, non resta immobile se le diamo la scossa. Ognuno di noi, buono o cattivo che sia, sa essere umano. Ed è nella propria e individuale umanità che questi tre personaggi trovano la risposta al loro passato.
Diego è umano perchè vuole vivere la propria vita senza cambiare nome, senza scappare come ha fatto suo padre. Francesco Corvino è umano perchè vuole amare, nonostante tutto. E questo costa la vita ad entrambi.
Ciro, invece, sembra una macchina da guerra, un soldato indistruttibile, è Immortale, ma non per questo non è umano, anzi forse lo è più di tutti. Ha un'umanità nascosta, forse mai esplorata, che sta alla base della sua stessa cattiveria.


Quindi più che la "Trilogia del male" come ho detto esordendo, dopo aver conosciuto Ciro, Francesco e Diego, posso dire che Marco D'Amore ha dato vita a una "Trilogia dell'Umanità", dove ogni essere umano è una piccola faccia di un poliedro multiforme chiamato vita.

giovedì 12 febbraio 2015

Ciro Di Marzio - Gomorra La Serie.

Ciro di Marzio, prima di essere un camorrista è innanzitutto un uomo. Un uomo di cui non si conosce bene la storia, un uomo il cui passato è oscuro. Ha perso entrambi i genitori, ha vissuto da solo in un istituto e la sua unica figura di riferimento è stata quella di Attilio, che per lui è stato come un padre. Ciro ha gli occhi di ghiaccio, ha una coltre di freddezza che lo nasconde, usa il sangue come se fosse uno scudo per proteggersi. E' un uomo che sembra non provare emozioni, eppure qualcosa la prova, come dice lui stesso, perchè lui prova un unico sentimento: l'odio.
Odia quello in cui è cresciuto, odia quello che è diventato, odia quello che è costretto a fare, ma nonostante questo, la sua rabbia si accresce sempre di più e diventa peggio di coloro che odia.
Lo ammetto, all'inizio il personaggio di Ciro mi affascinava, vedevo in lui il cattivo che è destinato a cambiare, colui che avrebbe capovolto la situazione, l'uomo che mi avrebbe stupito. Forse ingenuamente, forse da ragazza che vede troppi film e si illude che anche la vita vera possa essere così, l'ho creduto e l'ho voluto fino alla fine.
La sua amicizia con Genny, il modo con cui lo consigliava, i gesti con cui lo proteggeva da Don Pietro mi hanno sempre fatto sperare. Anche se dalla morte di Attilio qualcosa in lui è cambiato, una parte di Ciro l'Immortale se n'è andata forse per sempre. E così in una ascesa graduale si è trasformato, è cresciuto, si è incattivito. E io non l'ho riconosciuto più.
Guardavo i suoi occhi, ma non li vedevo. Osservavo il suo sguardo, ma lo sentivo distante. Immaginavo i suoi lineamenti e li avvertivo duri. Era diventato una macchina da guerra, un soldato crudele, forte, verace, appassionato ma anche cattivo. Aveva trasformato quel briciolo di umanità che ancora gli rimaneva in qualcosa di terribile, aveva mutato il bene in male.
L'apice della sua cattiveria è stato quando ha torturato la povera Manu e l'ha fatta uccidere, è stato allora che ho capito che i miei erano solo sogni di redenzione e che nel mondo reale non funziona così, perchè una ragazza può essere davvero uccisa in quel modo, senza motivo, senza salvarsi.
E nonostante questo lui è andato avanti, desideroso di sconfiggere tutto quello che lo aveva creato, soddisfatto di aver sterminato tutto e tutti. E invece, credo che andando avanti abbia ucciso solo un altro po' della sua umanità: ha sparato in mezzo a una folla, pur di fare fuori Gennaro; ha allontanato i suoi affetti; è sceso a patti con la morte, pur di ottenere quello che voleva.
E' stato Immortale sin dalla prima puntata, ha sfidato Salvatore Conte ed è sopravvissuto, ha affrontato i russi in Spagna ed è tornato, ha ucciso e non è mai stato ucciso.

E' forse tra i personaggi più cattivi della televisione, ma nonostante questo io non lo odio. Ho provato rabbia nei suoi confronti; ho desiderato che cambiasse, invano. Ma non riesco ad odiarlo. Perchè sento, che in fondo, dietro quegli occhi di ghiaccio, dietro quell'espressione impassibile c'è un'anima, una vita. E perchè so che Ciro non è Immortale, non è invincibile, ma è un uomo come noi, che ha lasciato sopravvivere solo la parte peggiore di sè forse perchè non ha mai conosciuto davvero l'amore.








venerdì 16 gennaio 2015

Rinascita.

Rieccomi qui, cavolo, sono passati ben due anni! Due anni dall'ultimo post scritto, due anni dall'ultima riflessione digitata su questa tastiera, due anni di "sonno intellettuale". Lo so, immagino che non avrete sentito la mia mancanza, anzi credo che vi siate completamente dimenticati di questo blog, di chi c'è dietro, dei suoi pensieri. Non importa, io continuerò a scrivere (si spera non ogni due anni!) perchè era troppo tempo che non sentivo il mio cuore battere più forte, le mie dita digitare le lettere a ritmo di musica, le mie labbra sorridere. In quest'ultimo periodo mi sono lasciata trasportare forse troppo dai sensi di responsabilità, dalle ansie, dalle paure, dalla voglia di fare e andare avanti e non mi sono accorta di quanto il tempo sia passato in fretta, senza aver fatto nulla. O almeno, nulla per me stessa. Ho raggiunto degli obiettivi di cui sono fiera, ma forse ho perso quella parte di me legata alla creatività, al'ingenuità e al sentimento che contraddistinguono uno scrittore. Io non mi reputo una scrittrice, ma amo scrivere e in questi ultimi tempi avevo smesso di scrivere, forse delusa, forse rassegnata, forse consapevole che la mia strada non sarebbe stata questa. Ed è vero, nella vita farò altro, qualcosa di completamente diverso, ma non per questo voglio smettere di coltivare questo piccolo angolo della mia mente. E voi ne sarete testimoni, ancora una volta. Se vorrete, sarete testimoni della mia rinascita...Riprenderò a scrivere qui, sin da subito. Pubblicherò nuovi post. Su cosa? Ancora non lo so. Mi piace improvvisare. Scriverò su ciò che in quel momento mi fa sentire viva. Perchè la scrittura è il mio "Salvatore", il mio "Sotèra". Stay tuned!